Biocombustibili solidi - pubblicate le nuove norme su Pellet e Bricchette
Il 13 febbraio sono state pubblicate due nuove norme, elaborate dalla CT 282 "Biocombustibili solidi" del CTI, relative alla classificazione di pellet e bricchette legnose e non legnose e contenenti delle specifiche di prodotto ad integrazione delle attuali norme internazionali: la UNI EN ISO 17225-2 e la UNI EN ISO 17225- 6 che definiscono le caratteristiche del pellet e la UNI EN ISO 17225-3 e la UNI EN ISO 17225-7 che definiscono le caratteristiche delle bricchette.
La definizione delle nuove specifiche di prodotto attraverso la UNI/TS 11773 nasce dall'osservazione che le suddette norme tecniche internazionali - note agli operatori del settore del pellet di legno ad uso domestico - presentano classi di qualità dei biocombustibili con profili chimico-fisici non compatibili con le proprietà di biomasse derivanti dal settore agricolo, sia legnose, quali potature di piante arboree, che non legnose quali paglie, stocchi e foraggere.
Queste matrici vegetali, che di fatto costituiscono un prodotto residuale della produzione agricola, sono molto disponibili sul territorio nazionale e la loro densificazione Energia & Dintorni 62 Attività CTI MARZO 2020 in pellet e bricchette, realizzata per lo più da operatori agricoli, ne può conferire una serie di vantaggi tecnico-economici per favorirne l'uso energetico in impianti non domestici e generalmente di mediagrande potenza termica.
Questo quadro emergeva già 10 anni fa dal progetto europeo mixBioPells (Market Implentation of Extraordinary Biomass Pellets), in cui il CTI ha partecipato come partner italiano, e dove sono stati portati all'attenzione casi di studio di realtà attive nella produzione di agripellet, termine generico diffuso tra gli operatori per identificare questa tipologia di biocombustibile. Pertanto, le specifiche proposte dalla attuale norma internazionale presentano limiti per alcuni parametri fisico-chimici non in linea con le proprietà delle biomasse di origine agricola, escludendone di fatto la possibilità di far riconoscere dal mercato i prodotti biocombustibili da queste generati attraverso il processo di densificazione.
Eppure, analizzando nel dettaglio le norme internazionali, le classi di qualità definite in esse prevedono come "origine e provenienza della materia prima" anche biomasse che provengono dal settore agricolo. È il caso della classe B del pellet di legno, così come delle classi di pellet industriale I1, I2 ed I3, che prevedono l'utilizzo di biomasse classificate con codice 1.1 - Legni da arboricoltura, silvicoltura e altro legno vergine - comprendente appunto il legno da piante agricole.
Tuttavia, i limiti imposti per alcuni dei parametri chimicofisici previsti dalla specifica di prodotto sono inferiori rispetto alle proprietà reali delle matrici vegetali agricole, anche quando raccolte e stoccate con pratiche che garantiscono la migliore qualità del prodotto. Questi aspetti emergono anche nel caso del pellet di biomasse non legnose. Trattandosi per lo più di matrici erbacee, le proprietà fisiche e chimiche ne conferiscono una minore attitudine alla combustione negli impianti termici. Chi gestisce gli impianti termici conosce bene i problemi tecnici ed ambientali legati alle basse temperature di fusione delle ceneri e all'elevato contenuto in cloro e azoto tipici di queste biomasse.
Per mitigare tali effetti negativi si può ricorrere ad esempio all'uso in miscela di additivi inorganici, principalmente composti dolomitici a base di calcio e magnesio. Su questo aspetto, la UNI/TS 11773 - rispetto alla norma internazionale - concede maggiore libertà per l'uso di questi prodotti, pur mantenendo determinate caratteristiche del biocombustibile. Ciò rende possibile proporre un formato commerciale scelto a seconda del contesto operativo e delle condizioni economiche. Gli aspetti discussi per il pellet di legno e per quello non legnoso sono stati recepiti in modo analogo per le bricchette. Pertanto, la relativa UNI/TS 11772 propone classi di prodotto che integrano quelle previste dalla norma internazionale consentendo di superare le incompatibilità legate alla natura delle materie prime utilizzate. È utile specificare che i limiti indicati dalle UNI/TS sono stati determinati sulla base di dati presenti nella letteratura tecnico-scientifica e di quelli a disposizione di operatori specializzati nel controllo analitico delle biomasse solide ad uso energetico.
Inoltre, entrambe le specifiche tecniche raccomandano l'utilizzo delle nuove classi di biocombustibile per l'uso in impianti non residenziali provvisti di sistemi di controllo della combustione e di abbattimento delle emissioni a camino che consentono il rispetto dei limiti di legge. L'introduzione di queste nuove classi di qualità - ad integrazione di quelle attualmente in vigore per i biocombustibili solidi densificati - può rappresentare un'opportunità di valorizzazione non solo per le biomasse agricole, ma anche per le legnose forestale di minore qualità, orientando gli operatori del settore nelle fasi di produzione, commercializzazione ed utilizzo. I limiti proposti sono comunque stabiliti per favorire il riconoscimento di prodotti energetici ottenuti da filiere agro-forestali che adottano "buone pratiche" di lavoro per ottenere materia prima di migliore qua
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