Il sodio come termovettore nei reattori nucleari
Il sodio come termovettore nei reattori nucleari di IV generazione
Flavio Parozzi - La Termotecnica
Giovanni Manzini
Giuseppe Torsello
Giuseppe Torsello
- Nucleare di IV generazione
- Raffreddamento con metalli liquidi
- Le reazioni chimiche da evitare
- Studi italiani recenti
- L'impianto sperimentale LISOF
- Le prove eseguite
- Caratterizzazione sperimentale degli spray di sodio liquido
- Prove di incendio del sodio
- Prove con il simulacro di core catcher
- Le indicazioni fornite dagli esperimenti con LISOF
Per la generazione di energia elettrica sono attualmente in esercizio nel mondo 441 reattori nucleari e altri 53 sono in costruzione. Buona parte di questi, caratterizzati da una notevole potenza, appartengono alla cosiddetta "Seconda Generazione", costruiti cioè negli Anni '70-'80 quando la tecnologia atomica stava iniziando a svilupparsi su scala industriale.
Gli impianti più recenti sono nati verso la fine degli anni '90, soprattutto per migliorare gli aspetti di sicurezza e l'economicità degli investimenti richiesti. La loro classificazione come "Terza Generazione" o "Terza +", può essere forse vista come un artificio commerciale utilizzato soprattutto dai costruttori per mettere in risalto le qualità e le prestazioni dei nuovi progetti.
La Quarta Generazione rappresenta tuttavia un salto tecnologico ben preciso. Già dall'inizio di questo secolo, infatti, per esplorare e ampliare il campo delle potenzialità offerte dalla fonte nucleare, il Dipartimento dell'Energia statunitense (DOE) ha sollecitato il mondo industriale e scientifico ad identificare un certo numero di tipologie impiantistiche effettivamente nuove sulle quali far convergere le ricerche orientate a rispondere ai fabbisogni energetici del futuro.
Lasciando da parte gli sforzi dedicati alla fusione nucleare, che procederà su altri binari e con tempistiche più lunghe, il punto di forza degli studi nel campo dei reattori a fissione è che si basa su fenomenologie già collaudate, ma ancora in attesa di essere portate fuori dalla fase prototipale per entrare quindi in una fase commerciale di impianti "sostenibili": in grado, cioè, di essere energeticamente più efficienti, di produrre meno scorie, ed essere efficaci nel contrastare la proliferazione degli armamenti.
Le tipologie impiantistiche identificate per la IV Generazione attraverso un consolidato consesso internazionale1 sono risultate sei:
- SFR - Sodium-cooled Fast Reactor
- LFR - Lead-cooled Fast Reactor
- GFR - Gas-cooled Fast Reactor
- MSR - Molten Salt Reactor
- SCWR - Super Critical Water-cooled Reactor
- VHTR - Very High Temperature Reactor
Si ritiene che, realisticamente, la commercializzazione dei primi esemplari di questo tipo di reattori possa avvenire verso il 2030-2040. In quel periodo, molti degli impianti nucleari attualmente in funzione saranno prossimi alla fine della loro vita operativa e vi saranno opportunità per la loro sostituzione.
Come si può vedere dalla lista sopra riportata, i reattori a "neutroni veloci" (Fast Reactors) si trovano in una posizione non certo marginale, perché offrono la possibilità di trasformare in combustibile la frazione di uranio naturale attualmente non usato, nonché di impiegare anche il torio.
C'è poi un altro aspetto su cui si stanno indirizzando molte ricerche, ed è la possibilità offerta da reattori veloci di bruciare molte delle scorie a vita lunga.
Va ricordato che questo tipo di reattori ha già vissuto una fase sperimentale a partire dagli Anni '50. Ma, dopo aver dimostrato la fattibilità di tale tecnologia anche con impianti di media e grande taglia come i francesi Phénix (130 MWe) e Superphénix (1200 MWe), l'industria elettrica mondiale ha concentrato i propri investimenti soprattutto nel campo dei reattori raffreddati ad acqua a neutroni lenti o "termici" di tipo tradizionale (PWR e BWR), in quanto sia la loro gestione sia il relativo ciclo del combustibile ad uranio arricchito sono più collaudati e offrono già buone garanzie in tema di sicurezza.
In allegato, è disponibile l'articolo completo.
Gli impianti più recenti sono nati verso la fine degli anni '90, soprattutto per migliorare gli aspetti di sicurezza e l'economicità degli investimenti richiesti. La loro classificazione come "Terza Generazione" o "Terza +", può essere forse vista come un artificio commerciale utilizzato soprattutto dai costruttori per mettere in risalto le qualità e le prestazioni dei nuovi progetti.
La Quarta Generazione rappresenta tuttavia un salto tecnologico ben preciso. Già dall'inizio di questo secolo, infatti, per esplorare e ampliare il campo delle potenzialità offerte dalla fonte nucleare, il Dipartimento dell'Energia statunitense (DOE) ha sollecitato il mondo industriale e scientifico ad identificare un certo numero di tipologie impiantistiche effettivamente nuove sulle quali far convergere le ricerche orientate a rispondere ai fabbisogni energetici del futuro.
Lasciando da parte gli sforzi dedicati alla fusione nucleare, che procederà su altri binari e con tempistiche più lunghe, il punto di forza degli studi nel campo dei reattori a fissione è che si basa su fenomenologie già collaudate, ma ancora in attesa di essere portate fuori dalla fase prototipale per entrare quindi in una fase commerciale di impianti "sostenibili": in grado, cioè, di essere energeticamente più efficienti, di produrre meno scorie, ed essere efficaci nel contrastare la proliferazione degli armamenti.
Le tipologie impiantistiche identificate per la IV Generazione attraverso un consolidato consesso internazionale1 sono risultate sei:
- SFR - Sodium-cooled Fast Reactor
- LFR - Lead-cooled Fast Reactor
- GFR - Gas-cooled Fast Reactor
- MSR - Molten Salt Reactor
- SCWR - Super Critical Water-cooled Reactor
- VHTR - Very High Temperature Reactor
Si ritiene che, realisticamente, la commercializzazione dei primi esemplari di questo tipo di reattori possa avvenire verso il 2030-2040. In quel periodo, molti degli impianti nucleari attualmente in funzione saranno prossimi alla fine della loro vita operativa e vi saranno opportunità per la loro sostituzione.
Come si può vedere dalla lista sopra riportata, i reattori a "neutroni veloci" (Fast Reactors) si trovano in una posizione non certo marginale, perché offrono la possibilità di trasformare in combustibile la frazione di uranio naturale attualmente non usato, nonché di impiegare anche il torio.
C'è poi un altro aspetto su cui si stanno indirizzando molte ricerche, ed è la possibilità offerta da reattori veloci di bruciare molte delle scorie a vita lunga.
Va ricordato che questo tipo di reattori ha già vissuto una fase sperimentale a partire dagli Anni '50. Ma, dopo aver dimostrato la fattibilità di tale tecnologia anche con impianti di media e grande taglia come i francesi Phénix (130 MWe) e Superphénix (1200 MWe), l'industria elettrica mondiale ha concentrato i propri investimenti soprattutto nel campo dei reattori raffreddati ad acqua a neutroni lenti o "termici" di tipo tradizionale (PWR e BWR), in quanto sia la loro gestione sia il relativo ciclo del combustibile ad uranio arricchito sono più collaudati e offrono già buone garanzie in tema di sicurezza.
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Fonte: La Termotecnica giugno 2022
Settori: Energia nucleare, Energie non rinnovabili, Raffreddamento, Riscaldamento, Termotecnica industriale
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